TRADIZIONE INIZIATICA

Studi iniziatici


 

     Piero Vitellaro Zuccarello 

 

 

 Il simbolismo tradizionale della visione di Alce Nero, Uomo Sacro dei Sioux Lakota Oglala, e il simbolismo massonico

 

 

 

 

La tradizione dei Sioux Lakota Oglala

 

 

La Sacra Pipa 

La  Sacra Pipa

 

 

I Sioux Lakota Oglala, noti nella storia per il loro valore guerriero e per la nobile quanto disperata resistenza che opposero all’avanzata dei conquistatori bianchi, detengono una tradizione spirituale complessa ed elevata. Tale tradizione è conosciuta in tutto il mondo grazie al  libro di John G. Neihardt “Alce nero parla”[1], che narra in forma poetica la biografia del guerriero e uomo sacro  Alce Nero (Black Elk - Hehaka Sapa) e la sua “Grande Visione”. I rituali dei Sioux   Oglala furono poi  raccolti, dalla bocca dello stesso Alce Nero, da  Joseph Epes Brown, che li espose  in un altro libro dal titolo “La sacra pipa”[2]. Essi  hanno, nel loro simbolismo, molti punti di contatto con i rituali massonici, con i quali condividono una rigorosa orientazione spaziale e l’importanza che vi rivestono  le circoambulazioni intorno ad un centro.

Il simbolo più importante della tradizione Sioux Lakota è il cerchio sacro, che rappresenta l’intera manifestazione cosmica:  “Il sole, il cielo, la terra, la luna, un corpo umano, un tronco d’albero, il giorno, la notte, un anno, la vita di un uomo, tutti questi erano cerchi sacri. Rispettando l’ordine naturale di queste cose i Lakota erigevano tepee [tende] circolari, che andavano a far parte del cerchio dell’accampamento, e si sedevano in cerchio nelle occasioni cerimoniali. L’interezza del cerchio, senza inizio e senza fine, rappresentava l’unicità dell’universo”.[3].Nella tradizione lakota tutto l’universo è concepito come  permeato da una forza sacra (wakan) che lo anima,  forza  una e molteplice la cui totalità è denominata Wakan Tanka, il Grande  Mistero.

Gli Uomini Sacri (Wicasa Wakan), i depositari della tradizione lakota, arrivano a conoscere certi aspetti del wakan attraverso precisi riti,  fra i quali importantissimo è quello della “ricerca della visione”. In esso il ricercatore della visione, dopo essersi purificato attraverso il rito della “capanna del sudore”, si isola in un luogo appartato, spesso di caratteristiche terrifiche, e, dopo aver passato alcuni giorni senza cibo né acqua in una buca coperta da una pelle  -momento rituale che richiama da vicino quello del “Gabinetto delle Riflessioni” massonico-,  evoca con la pipa sacra una visione che, qualora ottenuta, gli conferisce particolari poteri.   Se chi ha ricevuto la visione è destinato a divenire un “Uomo Sacro”, la sua formazione sarà completata da un periodo di istruzione da parte di un Wikasa Wakan anziano.

La pipa sacra  utilizzata nei rituali è considerata il più potente mezzo di comunicazione fra cielo e terra. Essa viene  fatta circolare in senso destrorso fra i partecipanti al rito, ed offerta alle sei direzioni dello spazio ( il cielo, la terra e i  quattro punti cardinali). Il tabacco posto nel fornello rappresenta tutto il cosmo e viene consumato in modo sacrificale.  La pipa è composta di due parti: un fornello, ottenuto da una particolare  pietra rossa (catlinite), e un cannello di legno di acero ornato di penne d’aquila. Queste due parti, abitualmente tenute rigorosamente separate,  sono congiunte solo durante lo svolgimento del rituale, come la squadra e il compasso nei riti massonici. Del resto, la pietra del fornello può essere avvicinata simbolicamente alla terra, rappresentata  nel simbolismo massonico dalla squadra, mentre il cannello ornato di penne d’aquila, animale simbolo di Wakan Tanka, ha  un corrispondente  nel compasso, simbolo del cielo.[4]. La pipa unita nelle sue due parti è considerata un oggetto di grande potere che va maneggiato con somma cautela, come un’arma pronta a colpire.

Un altro simbolo molto importante della tradizione lakota è quello del palo sacro, o albero cosmico assiale, che è eretto nella sacrificale “danza del sole” e nello stesso rituale di ricerca della visione.

 

 

 

 

John G. Neihardt e Alce Nero

 

 

Alce Nero

 

                                                                               

Alce Nero, Uomo Sacro (Wichasha Wakan) e guaritore tradizionale sioux,   apparteneva alla stessa comunità  dei Sioux Oglala del mitico guerriero e combattente per la libertà Cavallo Pazzo, di cui era lontano cugino . A 12 anni partecipò alla battaglia di Little big Horn, nella quale una coalizione di tribù pellerossa, guidata da Toro Seduto, sconfisse il generale Custer. Fu poi testimone del massacro di Wounded Knee, che pose fine definitivamente alla resistenza contro i bianchi e causò il tracollo quasi completo della tradizione spirituale lakota. Durante tale episodio venne seriamente ferito.[5]

La vita spirituale di Alce nero fu molto difficile e complessa. All’età di 9 anni improvvisamente si ammalò,  cadendo in uno stato di apparente incoscienza. Durante tale stato, che si protrasse per 12 giorni,  ricevette una Grande Visione dagli “Esseri del tuono” detenenti i “poteri dell’Ovest”. L’episodio  doveva segnare tutta la sua vita. A diciotto  anni, stabilitosi nella riserva di Pine Ridge, vi compì il rito Heyoka (o rito del Sacro Commediante) ed altri riti tradizionali oglala; in seguito gli vennero riconosciuti dalla comunità pellerossa in cui viveva poteri  di guarigione. Nel 1886 Alce nero, spinto dalla curiosità di conoscere l’ambiente originario dei bianchi, intraprese un viaggio di tre anni in Europa al seguito del circo di Buffalo Bill. Ebbe così occasione di conoscere i modi di vita occidentali  e di entrare in contatto per la prima volta  con la tradizione cristiana, da cui fu favorevolmente impressionato. Ritornato  a Pine Ridge, partecipò alla “Danza degli spettri”, il disarmato movimento millenaristico pellerossa,  guidato dall’indiano paiute Wovoka, che prometteva il riscatto dei pellerossa, la cacciata dei bianchi per opera divina , il ritorno dei bisonti e degli indiani morti. La “Danza degli spettri” ebbe termine con la brutale repressione militare statunitense culminata  con l’assassinio di Toro Seduto ed  il massacro di Wounded Knee. In seguito Alce Nero si unì alla chiesa cattolica e, sotto la pressione dei gesuiti della missione di Pine Ridge, abbandonò le pratiche di guaritore tradizionale, divenendo  catechista e membro rispettato della comunità cattolica.

Nel 1930 Alce Nero seppe che lo scrittore e poeta del  Nebraska  John G. Neihardt  era in visita alla riserva di Pine Ridge  allo scopo di raccogliere materiali  per un libro che avrebbe dovuto narrare la storia della “Danza degli spettri” e del massacro di Wounded Knee[6]. Il vecchio sioux decise di trasmettere a Neihardt il patrimonio di ricordi di cui era depositario e che rischiava, con la sua morte,  di andare perso per sempre. Ma ciò che gli stava a cuore di più era trasmettere i contenuti della sua “Grande Visione”.  Fra i due uomini si stabilì un rapporto molto profondo: Neihardt apparve ad Alce Nero come provvidenzialmente destinato a far conoscere al mondo la tradizione spirituale Oglala e  la sua visione,  e venne da lui  adottato come figlio  con il nome di  “Arcobaleno Fiammeggiante”[7]. Il significato che ebbe per Alce Nero la visita di Neihardt è chiaramente espresso dalle parole che in una occasione il vecchio Uomo Sacro rivolse al poeta bianco:

 

“Prima che ti avessi mai visto mi ponevo domande sul sogno, e il tuo fratello fantasma [il  Sé superiore di Neihardt] ti ha messo qui per fare del bene al tuo popolo. E attraverso te il tuo popolo avrà la conoscenza. Inoltre, questa mia visione deve uscire, sento, ma in qualche modo non riuscivo mai a trovare qualcuno che la potesse fare uscire. Ci pensavo e ripensavo ed ero triste. Volevo che il mondo la conoscesse. Sembra che il tuo fratello fantasma ti abbia mandato qui per fare questo per me. Tu sei qui e hai la visione proprio nel modo in cui volevo io, e l’albero fiorirà di nuovo, e il popolo saprà la realtà dei fatti. Noi vogliamo che quest’albero torni a fiorire nel mondo del vero che non giudica.” [8]

 

La fiducia di Alce Nero era  ben riposta: Neihardt non solo accolse con profondissimo  rispetto  la visione del vecchio Uomo Sacro, ma se ne dimostrò un fedele interprete, evidenziandone i contenuti più universali e rendendola in un linguaggio poetico che ne assicurò la diffusione fra un numero enorme di lettori. L’adeguatezza di Neihardt alla funzione intravista in lui da Alce Nero fu non solo dovuta alla sua personale sensibilità per il simbolismo tradizionale, ma anche al fatto d’essere lui stesso  un iniziato, avendo ricevuto l’Iniziazione, l’aumento di salario a Compagno e  l’elevazione a Maestro Massone in una loggia affiliata alla Gran Loggia del Nebraska.

Il libro di John Neihardt  “Alce Nero Parla”  fu oggetto di violente polemiche da parte di rappresentanti del mondo cattolico, polemiche che, da parte di alcuni particolari settori  di tale mondo, si prolungano ancora oggi.

Per chiarire il contesto in cui  esse si svilupparono, la loro reale portata e le loro assai particolari finalità  rinviamo al libro “Il sesto antenato. I testi originali degli insegnamenti di Alce Nero”, a cura di Raymond De Mallie. Il libro  raccoglie i documenti originali delle interviste rese a Neihardt da Alce nero, oltre ad interessanti  dati storico-biografici. Di particolare valore è la lunga introduzione di De Mallie, che chiarisce in modo definitivo la delicata questione dei rapporti fra Neihardt e  Alce Nero, e fra quest’ultimo e la  comunità religiosa cattolica locale.

 

 

 

La Grande Visione di Alce Nero

 

 

 Alce Nero ricevette la sua Grande Visione da bambino, all’età di 9 anni, quando la sua mente venne

    “rapita  tra le nuvole” e condotta presso i  “sei antenati”, personificazione dei poteri delle direzioni dello spazio, che lo   investirono di una  missione  di guida del suo popolo.

   La visione è particolarmente complessa e il suo simbolismo, strettamente legato alla tradizione Lakota, è di difficile decifrazione.  Ci limiteremo perciò a riassumerne alcuni punti salienti, in cui  emergono chiaramente alcuni dati simbolici di carattere   universale comuni a tutte le tradizioni. A tal fine, faremo riferimento alle notazioni stenografiche di Neihardt raccolte  nel libro “Il sesto antenato”, differenti in alcune parti dall’esposizione letteraria e poetica del libro “Alce nero parla”.

   Nella sua esperienza visionaria, Alce Nero si “stacca” dal proprio, corpo, che appare ai genitori e agli altri membri della tribù come caduto in stato d’incoscienza e, richiamato dagli antenati,  sale su una nuvola. Dopo che gli sono stati mostrati i cavalli delle quattro direzioni dello spazio, è condotto attraverso la “porta d’arcobaleno” al “tepee  di nuvola” degli antenati, che gli dicono: “I tuoi antenati di tutto il mondo e di tutta la terra stanno tenendo consiglio e tu sei stato chiamato, così eccoti qui. Osserva allora coloro dove cala il sole; da là verranno, vedrai. Da essi tu conoscerai il potere di volontà di me stesso, poiché essi ti porteranno al centro della terra, e le nazioni di ogni genere tremeranno. Osserva il sole dove brilla incessantemente, poiché essi ti porteranno là.”[9].

   Gli antenati  gli mostrano due strade che si estendono sulla terra: la strada sacra rossa, da nord a sud (la strada  degli spiriti buoni, dei poteri benefici e di guarigione) e la strada nera, da est ad ovest (la strada degli Esseri del Tuono, della paura, dei poteri distruttivi e guerreschi).[10] Tale simbolismo richiama  la consueta bipolarità dell’influenza spirituale nei suoi due aspetti di misericordia e rigore, come sono ravvisati anche in altre forme tradizionali.[11]

Gli viene fatta percorrere la strada sacra nera che va  da ovest ad est e deve sconfiggere un nemico,  lo spirito dell’acqua; poi  deve percorrere la strada  rossa che va da sud a nord, ricevendo così poteri salvifici. Gli è conferito il Cerchio Sacro della nazione, con la missione di guidarla, e gli è ingiunto di recarsi al suo centro: “Guarda, quando andrai al centro del cerchio della nazione tu correrai i quattro quarti.”  (nessuno sarà sacro di fronte a me [dice Alce Nero]. Dovunque andrò, di fronte a me non vi sarà compito arduo. Ogni compito che intraprenderò arriverò a portarlo a termine. Non sarà mai difficile per me)[12] . In seguito sono conferiti ad Alce Nero il potere dell’erba di guarigione del nord  e il sacro bastone. Il pioppo sacro della nazione,  che non era mai fiorito per il sopraggiungere dell’uomo bianco, è posto al centro del cerchio.[13].

  La  visione di Alce Nero assume poi  un carattere guerresco. Egli compie, insieme con altri cavalieri, una carica a cavallo, al culmine della quale uccide un cane caratterizzato dall’avere un lato bianco e l’altro nero[14]  (un evidente simbolo della dualità cosmica come il pavimento a scacchi massonico).  Gli è poi data l’erba del potere dell’ovest e gli appaiono le quattro vergini dell’universo, una delle quali porta la sacra pipa; dopo di ciò tutta la natura rifiorisce. Indi Alce Nero è portato “al centro della terra e sulla cima della montagna; gli è donata l’erba della stella del mattino, il cui potere consente di condurre a compimento qualsiasi impresa”[15] Dice Alce Nero: “Mi avevano portato in tutto il mondo e mostrato tutti i poteri. Mi portarono al centro della terra per rivedere tutto. Quest’ultimo canto significa che avevo già visto tutte queste cose. Dovevo vedere il bene e il male. Dovevo vedere cosa era buono per gli esseri umani e cosa non lo era.”[16]La visione assume un carattere apocalittico quando gli è  donata   l’erba del soldato, dotata di un terribile potere distruttivo, e gli viene annunciato: “ci sarà lotta fra le nazioni e tu difenderai il tuo popolo con quest’erba”[17]. Ricondotto presso gli antenati, che gli conferiscono altri poteri e lo confermano nella sua missione, Alce nero comprende di essere lui stesso il “Sesto Antenato”,  che rappresenta lo spirito dell’Uomo. Esce poi dal tepee di nuvola degli antenati, che vede svanire, ed il cui posto è preso da una grande montagna, identificata come Harney Peak, sulle Colline Nere, il centro sacro dei Lakota. Ritorna infine a casa, scortato dall’aquila chiazzata simbolo di Wakan Tanka e, dopo dodici giorni, “rientra” nel suo corpo di fanciullo e riprende la coscienza ordinaria, risvegliandosi nel tepee dei genitori[18].

 

 

 

Alce Nero rinuncia a realizzare la sua visione

 

 

La visione di Alce Nero conteneva  dunque un messaggio di riscatto e di rivincita guerriera delle genti pellerossa, messaggio che , insieme al motivo dell’albero sacro, la accomunava alla quasi contemporanea “Danza degli spettri”.

L’Uomo Sacro lakota, forse scoraggiato dalle sciagure che colpirono il suo popolo e dalla disparità militare delle forze in campo,    forse  anche influenzato dal messaggio d’apertura universalistica veicolato dal cristianesimo,  rinunciò a seguire la sua Grande Visione e a tentare di  mettere in azione i poteri   in essa ricevuti , che  avrebbero dovuto condurlo  a  diventare  il capo vittorioso di una rinata nazione lakota. In particolare evitò di tentare di attivare i poteri distruttivi connessi alla misteriosa “erba del soldato”. Gli rimase però un grande rimpianto, un senso di frustrazione e fallimento,  che cercò di superare comunicando al mondo i contenuti della sua visione attraverso la penna di John Neihardt.

Lo stato d’animo del vecchio Lakota è ben reso dal famoso passo che chiude il libro “Alce Nero parla”, laddove Neihhardt  interpretò la parabola esistenziale del vecchio “uomo sacro” facendogli dire:

 

“Quanto a me, l’uomo a cui fu concessa in gioventù una così  grande visione, adesso mi vedete ridotto a essere un vecchio pietoso che non ha fatto un bel niente, perché il cerchio della nazione è rotto e i suoi frammenti sono sparsi. Il cerchio non ha più centro e l’albero sacro è morto.” [19]

 

Alce Nero in seguito alla pubblicazione del libro di Neihardt subì moltissime pressioni da parte dei missionari gesuiti, molto allarmati di un suo possibile aperto ritorno  alla tradizione lakota (che in realtà sul piano più profondo egli non abbandonò mai). Il vecchio sioux  si vide penosamente indotto  a sottoscrivere  dichiarazioni, di più che dubbia spontaneità,  riguardo alla saldezza della propria  fede cattolica.[20]  Va però riconosciuto che il suo interesse per taluni aspetti del cristianesimo era probabilmente sincero, e  forse egli non  vedeva opposizione fra le tradizioni lakota e le scritture cristiane considerate nel loro senso più profondo.

Neihardt, dal canto suo, colse la portata universale di moltissimi dei simboli presenti nella visione, simboli che non appartengono unicamente alla tradizione lakota, ma  si ritrovano immutabili in tutte le tradizioni autentiche.

Un tale universalismo è bene espresso dal pensiero che lo scrittore fa esprimere ad Alce Nero  quando, nello svolgersi della sua visione, egli si ritrova al centro del mondo:

 

“Poi mi trovai sulla più alta di tutte le montagne, e tutt’intorno sotto di me c’era l’intero cerchio del mondo. E in quel luogo vidi più di quel che posso raccontare e capii più di quel che vedevo; perché vedevo in maniera sacra la forma di tutte le cose nello spirito, e la forma di tutte le forme così come debbono vivere insieme come un unico essere. E vidi che  il cerchio sacro del mio popolo non era che uno dei molti cerchi che facevano un circolo ampio come la luce del giorno e come la luce delle stelle, e nel centro cresceva un robusto albero fiorente per proteggere tutti i figli di una madre e di un padre. E vidi che era un albero sacro.” – Alce nero disse che la montagna sulla quale egli si trovava nella sua visione  era lo Harney Peak nei Black Hills.  Ma qualunque luogo è il centro del mondo” aggiunse.- [21].

 

                                     

                                

Il simbolismo del Centro e delle direzioni dello spazio

 

 

Per cercare di comprendere la visione di Alce Nero è necessario ricorrere al simbolismo geometrico e, più in particolare, al simbolismo della croce. Tale simbolismo si trova espresso e sviluppato nei rituali e nei simboli massonici dei vari gradi,  soprattutto in quello di maestro, dove la croce compare raffigurata nel Quadro di Loggia.

La croce è un simbolo presente in tutte le tradizioni regolari e ortodosse, risalendo alla Tradizione Primordiale, la tradizione unica delle origini di cui tutte le tradizioni storiche secondarie non sono che la derivazione e il riflesso.

 Posta verticalmente essa rappresenta "il modo" in cui viene effettuata la realizzazione dell'Uomo Universale, mediante “la perfetta comunione della totalità degli stati dell'Essere gerarchizzati in modo armonico e conforme, nel loro sviluppo integrale  secondo i due sensi della “Ampiezza” e della “Esaltazione"[22].

L'esistenza universale comprende una moltitudine indefinita di gradi o mondi, cui corrispondono degli stati dell’Essere, compresi nella sintesi totale dell'Uomo Universale.

Il braccio orizzontale di una croce a due dimensioni rappresenta lo stato umano (senso dell'ampiezza). Il braccio verticale della stessa rappresenta la moltitudine indefinita degli altri stati dell'essere, superiori ed inferiori allo stato umano, sovrapposti in ordine gerarchico (senso dell'esaltazione). Gli stati dell’essere superiori a quello umano possono essere individuali o sopraindividuali ( corrispondono a questi ultimi gli stati angelici o, secondo la terminologia indù, dei Deva) mentre gli stati inferiori  si possono dire  infraumani  (come quelli titanici, o degli Asura).

Il braccio verticale della croce incontra quello orizzontale in un punto che diviene, in un processo iniziatico avente per supporto lo stato umano, il centro dello stato umano stesso.

Se si concepisce una croce  posta su un piano orizzontale che abbia lo stesso centro della precedente croce verticale, si ottiene una  “ croce a tre dimensioni, croce i cui rami sono orientati secondo le sei direzioni dello spazio; queste ultime corrispondono ai sei punti cardinali [nord, sud, est, ovest, zenit e nadir] che con il centro formano il settenario”[23].

Prendendo in considerazione il solo stato umano, si può concepirlo come un piano orizzontale attraversato da due rette aventi direzione nord-sud ed est-ovest, che si incrociano in un punto situato al centro di una serie indefinita di cerchi concentrici, rappresentanti le differenti modalità dello stato umano[24].

Alla luce di queste nozioni sul simbolismo della croce, la frase del rituale inglese secondo cui, aperti i lavori, la Loggia è "debitamente aperta sul centro" acquista un significato profondissimo. L’importanza di tale riferimento,  e di quello al simbolismo delle direzioni dello spazio, emerge in tutta la sua evidenza da un passo  del rituale Emulation di apertura del terzo grado, in cui si menziona una marcia da Oriente ad Occidente intrapresa allo scopo di recuperare i segreti perduti dei liberi muratori, i quali sono conservati nel Centro, punto collocandosi nel quale  il maestro libero muratore non può smarrirsi.[25]

 

Così recita il rituale Emulation:

 

M. Ven.           ...

                    – Fratello Secondo Sorvegliante, da dove venite?

 

Sec. Sorv.   – Dall’Oriente.

 

M. Ven.      –  Fratello Primo Sorvegliante, verso quale direzione siete incamminato?

 

Pr. Sorv      –  Verso Occidente.

 

M. Ven       – (al Sec. Sorv.)

                     Quale motivo vi ha indotto a lasciare l’Oriente per andare verso l’Occidente?

 

Sec. Sorv    - La ricerca di quanto venne smarrito e che noi, grazie alle vostre istruzioni e alla   nostra assiduità,   speriamo di ritrovare.

 

M. Ven.      – (al Pr. Sorv.)

                      Che cosa fu perduto?

 

Pr. Sorv      – I segreti genuini del Maestro Muratore.

 

M. Ven.      – (al Sec. Sorv.)

                      In che modo furono perduti?

 

Pr. Sorv.      – A causa della prematura morte del nostro Mestro Hiram Abif

 

M. Ven        – (al Pr. Sorv.)

                      Dove sperate i poterli ritrovare?

 

Pr. Sorv.      – Nel Centro

 

M. Ven.       – (al Sec. Sorv.)

                      Che cos’è un Centro?

 

Sec. Sorv.   – Un punto all’interno di un cerchio, dal quale ciascun punto della circonferenza è  equidistante.

 

M. Ven.      –(al Pr. Sorv.)

                       Perché nel Centro?

 

Pr. Sorv.       – Perché è un punto, quello partendo dal quale nessun Maestro Muratore può smarrirsi. 

 

M. Ven.        –Noi vi assisteremo a riparare quella perdita e voglia il Cielo aiutare i nostri sforzi congiunti.

 

Ex-M. Ven    – Così sia

 

M. Ven.        – Fratelli, in nome dell’Altissimo, dichiaro la Loggia debitamente aperta  sul  Centro, per i lavori della Libera Muratoria del Terzo Grado

 

                      

 

Il Centro menzionato nel rituale Emulation è appunto il centro dello stato umano, raggiungendo il quale è possibile dominare tutto lo stato umano stesso ed ascendere agli stati superiori dell’Essere.[26]

 La realizzazione iniziatica completa è la realizzazione "effettiva" della totalità dell'Essere. Essa consta di due fasi: una prima fase di sviluppo orizzontale delle possibilità dello stato umano nella sua integralità e d’identificazione col centro dello stesso; una seconda fase in cui l'iniziato, dal centro dello stato umano, si eleva agli stati superiori dell'Essere, i quali non costituiranno essi stessi che delle tappe, poiché l'itinerario iniziatico si concluderà solo con l'integrazione della totalità degli stati molteplici dell’Essere, meta finale che la dottrina indù chiama "Liberazione" e quella del sufismo "Identità suprema".

La prima fase d’identificazione col centro dello stato umano coincide con la realizzazione dei Piccoli Misteri, cioè con la reintegrazione dell’iniziato nello stato edenico dell’Adamo primordiale prima della caduta: qui termina il lavoro massonico considerato in senso stretto, essendo  la massoneria una organizzazione iniziatica dei Piccoli Misteri.[27]

Non termina però il lavoro di realizzazione iniziatica, in quanto al compimento  dei Piccoli Misteri, cioè  al conseguimento della maestria nello stato umano, deve seguire quello dei Grandi Misteri, costituiti dalla realizzazione  completa, in verticale e in orizzontale, dell'Uomo Universale.

Nella tradizione massonica la transizione dai piccoli ai grandi misteri è simboleggiata dal passaggio “dalla massoneria della squadra alla massoneria dell’arco” e dal simbolismo dell’ “esaltazione”. Tali simbolismi si ritrovano nel grado inglese  del Royal Arch, in cui è accennata l’apertura verso i Grandi Misteri[28].

 

 

 

Conclusioni

 

 

Nella visione di Alce nero i simbolismi delle direzioni dello spazio,   del cerchio e del centro del mondo hanno un’importanza  sovraeminente, così come del resto la hanno in tutte le tradizioni ortodosse, nella massonica prima fra tutte .

Vi compaiono anche altri importanti temi: quello della terra sacra, quello del  centro spirituale inteso come centro della stessa, e infine quello di una figura di carattere soteriologico destinata a incarnare pienamente la  tradizione restaurandola nella sua iniziale perfezione, anche attraverso atti “di giustizia” di carattere esteriore. Tale  figura è presente, con le stesse caratteristiche, in quasi tutte le tradizioni storiche: come Cristo della seconda venuta nel cristianesimo e nell’islam (che sarà preceduto, secondo quest’ultima tradizione, dalla figura riordinatrice e rettificatrice del Mahdi), come Kalki Avatara nell’induismo,  come Shaoshant nello zoroastrismo.

 Tutti questi temi non appartengono, nella loro essenza simbolica, alle singole tradizioni, ma sono in esse il riflesso  degli archetipi universali della Tradizione Primordiale.

In ciò risiede, in ultima analisi, l’importanza e il fascino della visione di Alce nero, che ci è stata preservata e consegnata grazie all’opera del fratello libero muratore John Neihardt, che l’ha saputa in modo così luminoso raccogliere ed interpretare.

 

                                                                                                                                              

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

[1] ed. Adelphi, 1968

[2] ed. Bompiani, 1986

[3] Il sesto antenato. I testi originali degli insegnamenti di Alce Nero, a cura di Raymond De Mallie, pag 106, ed. Xenia,  1996

[4] vedi William K. Powers, Oglala religion, pag. 86-88, The university of Nebraska press, 1975,1977, Bison Books Printing 1982

[5] Non si può tacere il fatto che moltissimi degli  ufficiali e dei soldati dell’esercito degli Stati Uniti d’America a quel tempo erano massoni, così come molti dei dirigenti politici di quel paese. Una spiegazione profonda della tragedia del genocidio dei pellerossa, col susseguirsi di nefandezze ed orrori che la caratterizzò, consiste nel leggervi uno degli ultimi episodi del conflitto millenario fra i popoli nomadi e quelli sedentari, con le loro rispettive tradizioni, conflitto che vede inevitabilmente i popoli nomadi soccombere (vedi l’articolo di René Guénon “Caino e Abele” in “il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi”, pag. 141-147, ed. Adelphi, 1982). Questa realtà della storia tradizionale, per quanto possa apparire ingiusta e inaccettabile sul piano meramente umano, rientra nel misterioso piano del Grande Architetto dell’Universo, in cui gli squilibri parziali sono parti di un superiore equilibrio totale.

[6] Il sesto antenato. I testi originali degli insegnamenti di Alce Nero, a cura di Raymond De Mallie, pag. 43-44

[7] L’arcobaleno, nel simbolismo tradizionale, “è il ponte che collega il mondo sensibile con quello sovrasensibile” (René Guénon, Il re del mondo, pag. 19, ed. Adelphi, 1977)

[8] Il sesto antenato, pag. 61

[9] Il sesto antenato, pag. 146

[10] ibidem pag. 148

[11] vedi René Guénon, Il  Re del Mondo, pag. 30-31

[12] Il sesto antenato, pag. 157

[13] ibidem pag. 160

[14] ibidem pag. 162

[15] ibidem pag. 164

[16] ibidem pag. 165

[17] ibidem, pag. 166

[18] ibidem pag. 168-173

[19] Alce nero parla, pag. 275, ed. Adelphi, 1988

[20] Il sesto antenato, pag. 76-80

[21] Alce nero parla, pag. 47-48

[22] René Guénon, Il Simbolismo della Croce, pag. 29, ed. Luni, 1998

[23] ibidem, pag. 36

[24] ibidem pag. 107

[25] Emulation Ritual - Grado di Maestro Libero Muratore, pag. 12-13, G.O.I. ed. Erasmo 2004

[26] Non a caso, nel rito di fondazione della città romana antica, dopo aver individuato un punto atto a rappresentare  il centro della città si descriveva un cerchio, poi si determinavano  i due punti corrispondenti all'Est e all'Ovest individuando così il  Decumano, indi, attraverso la  nota costruzione con compasso, si individuavano il  Nord e il Sud, ottenendo il Cardo.

[27] vedi l’articolo di René Guénon “Riunire ciò che è sparso” né Simboli della Scienza Sacra, pag. 259-262, ed. Adelphi, 1978

[28] vedi l’articolo di René Guénon “La pietra angolare” in Simboli della Scienza Sacra, pag. 238-250, ed Adelphi